Datore di lavoro insulta il dipendente? Va multato.

Il datore di lavoro deve trattare con rispetto il dipendente che "non è tenuto a sottostare all’uso di epiteti di disprezzo e di disistima in virtù delle generali scelte di espressione del datore di lavoro".  E' quanto stabilisce la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna al pagamento della multa di 240 euro nei confronti di un imprenditore che aveva offeso una propria dipendente.


Si legge nella sentenza che "il contesto lavorativo è caratterizzato da una pari dignità dei suoi protagonisti, da una pari effettività di tutta la normativa, senza che possa invocarsi, per nessuna delle parti una desensibilizzazione alle altrui trasgressioni". Infatti, la difesa del datore di lavoro aveva sostenuto che il vocabolo utilizzato, per il quale la lavoratrice aveva proposto denuncia, "è entrato nel linguaggio comune romanesco" e che, in ogni caso, il suo modo di fare era sempre "colorito in ambiente lavorativo". Di contrario avviso la Corte di Cassazione che non ha accolto il ricorso e ha evidenziato che quando il datore di lavoro "fa rilievi di qualsiasi tipo a un dipendente non li può fare "a modo suo, anche al di fuori dei normali e comuni canoni di civiltà sociale e giuridica". La Corte di Cassazione ha precisato che "questa depenalizzazione di condotte trasgressive riveste spiccata insostenibilità in materia di rispetto della dignità umana, ancor maggiore quando è in gioco la dignità del datore di lavoro".

Articolo pubblicato il: 2 ottobre 2010 alle ore 08:25:19