Lavoratore in malattia può allontanarsi da casa se depresso.

È sufficiente fornire "un serio e fondato motivo che giustifichi l’allontanamento dal proprio domicilio" per il lavoratore in malattia perchè affetto da sindrome depressiva ansiosa, che non si trova a casa al momento della visita fiscale. "La gravità" di questo "stato patologico", infatti, può giustificare l’assenza nelle ore di reperibilità e il datore non può usarla come scusa per licenziare. E' quanto stabilisce la sentenza nr. 21621 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, confermando il reintegro sul posto di lavoro, disposto dal Tribunale, nei confronti di una lavoratrice licenziata perchè fuori casa nella fascia di reperibilità. La lavoratrice si era giustificata sostenendo di essere andata dal medico per un’emergenza e che comunque l’assenza era permessa dato che era afflitta da sindrome depressiva ansiosa. Secondo il datore di lavoro, la dipendente non aveva nemmeno provato che «la visita medica alla quale si era sottoposta era indifferibile», inoltre era stata vista anche andare al mare.


Secondo la Corte di Cassazione, "la società ricorrente ha trascurato la gravità dello stato patologico a carico della signora". Infatti, "in casi simili, per giustificare l’obbligo di reperibilità in determinati orari, non è richiesta l’assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma è sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l''allontanamento dal proprio domicilio". Anche la gita al mare per qualche ora la mattina, non era da licenziamento "una volta escluso che la breve esposizione al sole da parte della lavoratrice potesse pregiudicare o ritardare la guarigione".
I comportamenti addebitati alla lavoratrice erano relativi al fatto che il 28 giugno 2004 non era stata trovata in casa in occasione del primo controllo del medico fiscale e che, nei giorni 6 e 8 luglio era stata vista in spiaggia per qualche ora.
La lavoratrice era stata reintegrata dal Tribunale che aveva ritenuto ci fosse una sproporzione tra addebiti e sanzione espulsiva adottata. Contro il reintegro della dipendente, convalidata anche in Corte d’Appello, l’azienda ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che in realtà la lavoratrice non trovata in casa non aveva provato che la visita cui si era sottoposta dal medico di fiducia non «fosse indifferibile».

Articolo pubblicato il: 25 ottobre 2010 alle ore 12:30:00